UGUALI NEI DIRITTI-DOVERI, DIVERSI NELLE INFINITE POSSIBILITÀ DI VIVERE: IN ARMONIA CON IL PIANETA CHE CI OSPITA
A C C O R G E R S I
TRA LA SPECIE UMANA PRECEDENTE
E LA SPECIE INUMANA ATTUALE.
«Ognuno di noi, come occupa un punto infinitesimale nello spazio e nel tempo,
così non può abbracciare che una minima parte del sapere universale;
le nostre forze sono limitate, la nostra vita è breve, ingombra di faccende e di mali,
ma noi siamo parte dell’umanità che ci trascende e continua il suo cammino verso una mèta certa,
di più alta e cosciente spiritualità.»
Achille Marazza
Parte dell’intervento dal titolo «Funzioni e compiti delle biblioteche, ieri ed oggi»
in “Prima settimana delle biblioteche in Italia”, 5-12 ottobre 1958.
Fratelli Palombi editori, Roma
Estratto dalla rivista “Accademie e biblioteche d’Italia” Anno XXVII – n.1-2 – 1959.
Otello: “Ma qual è la verità? È quello che penso io di me, o quello che pensa la gente, o quello che pensa quello là lì dentro?”
Jago: “Cosa senti dentro di te, concentrati bene, cosa senti, eh?”
Otello: “Sì sì… si sente qualcosa che c’è…”
Jago: “Quella è la verità, ma… sssst! Non bisogna nominarla, perché appena la nomini, non c’è più…”
Che cosa sono le nuvole?
Pier Paolo Pasolini
(1968)
«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà;
se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni,
che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte
fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa,
in mezzo all’inferno, non è inferno,
e farlo durare, e dargli spazio.»
»Die Hölle der Lebenden ist nicht etwas, was sein wird;
gibt es eine, so ist es die, die schon da ist, die Hölle,
in der wir tagtäglich wohnen,
die wir durch unser Zusammensein bilden.
Zwei Arten gibt es, nicht darunter zu leiden.
Die eine fällt vielen recht leicht: die Hölle akzeptieren
und so sehr Teil davon werden, daß man sie nicht mehr erkennt.
Die andere ist gewagt und erfordert dauernde Vorsicht und Aufmerksamkeit:
Suchen und zu erkennen wissen, wer und was inmitten der Hölle nicht Hölle
ist, und ihm Bestand un Raum geben.«
Italo Calvino
“Le città invisibili” / “Die unsichtbaren Städte”
(1972)
«Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati.
Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato.
Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l’interesse collettivo.
In poche parole, la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta.
Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede.
La fiducia in noi stessi, che incrementa la nostra fede nei grandi valori dell’umanità, ci dà la certezza che questi valori dovranno prevalere e non potranno essere distrutti.»
Salvador Allende
Assemblea generale O.N.U., New York (U.S.A.)
4 dicembre 1972
Tratto dal documentario di Patricio Guzmán “Salvador Allende” (2004):
«Salvador Allende ha segnato la mia vita.
Non sarei quello che sono se lui non avesse incarnato l’utopia di un mondo più giusto e più libero che percorreva il mio paese in quegli anni.
Io ero lì, attore e cineasta. Ricordo la freschezza dell’aria, la profonda ispirazione che ci legava gli uni agli altri, e più oltre, al mondo intero.
Filmavamo quel sogno radioso, con lucidità e fervore.
Era una società intera in stato amoroso.»
Patricio Guzmán
CERCASI, CON CORTESIA,
ESSERE UMANE ED ESSERI UMANI DELLA SPECIE PRECEDENTE,
RISPETTO ALL’ATTUALE INUMANA,
PER RAGIONARE E IMMAGINARE INSIEME
L’OMOLOGAZIONE:
LA TELEVISIONE / IL VIDEO / LO SCHERMO
QUALE SIMBOLO DELLA COSIDDETTA “CIVILTÀ DEI CONSUMI”,
PER FARCI ASSISTERE, NEL RUBARCI IL TEMPO, AL COSTANTE REGRESSO DEL VIVERE UMANO
CHE CONSUMA SE STESSO E IL PIANETA NELL’ORMAI “VILLAGGIO GLOBALE”.
Pochi mesi fa un ufficiale dell’esercito americano ha scritto un servizio dall’Italia per “Printer’s Ink”. Egli osservava sconcertato che gli italiani conoscevano i nomi dei loro ministri ma non i consumi preferiti dalle più note personalità italiane.
Inoltre i manifesti per le strade riguardavano più spesso argomenti politici che avvisi commerciali.
La conclusione fu che c’era ben poco da sperare sul raggiungimento di un minimo di benessere economico e di un equilibrio degli italiani finché questi non avessero cominciato ad occuparsi un po’ più della concorrenza fra produttori di cornflakes o di sigarette, e un po’ meno delle capacità dei loro uomini politici.
Sostanzialmente egli giunse ad affermare che la vera democrazia consiste in larga misura proprio nell’occuparsi poco di politica e nel pensare invece a come debellare il cattivo odore delle ascelle, la forfora, i peli superflui, la gracilità del fisico, l’aridità dei capelli, l’anemia mediterranea, il gomito del tennista, l’intestino pigro, per non parlare della carenza di ferro, della depressione, del seno cadente, della piorrea, dei pantaloni lisi, della canizie precoce e dell’eccesso di peso. […]
Marshall McLuhan, “La pubblicità americana” (ottobre 1947) nella rivista “Horizon”
in: “Essential McLuhan” (1995) by Eric McLuhan and Frank Zingrone
«THE MEDIUM IS THE MASSAGE»
(GLOBAL VILLAGE)
Marshall McLuhan, “The medium is the massage” (1967)
«Dopo essere esploso per tremila anni con mezzi tecnologici frammentari e puramente meccanici, il mondo occidentale è ormai entrato in una fase di implosione. Nelle ere della meccanica, avevamo operato un’estensione del nostro corpo in senso spaziale.
Oggi, dopo oltre un secolo d’impiego tecnologico dell’elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio. Ci stiamo rapidamente avvicinando alla fase finale dell’estensione dell’uomo: quella, cioè, in cui, attraverso la simulazione tecnologica, il processo creativo di conoscenza verrà collettivamente esteso all’intera società umana, proprio come tramite i vari media abbiamo esteso i nostri sensi e i nostri nervi.
[…]
«In una cultura come la nostra, abituata da tempo a frazionare e dividere ogni cosa al fine di controllarla, è forse sconcertante sentirsi ricordare che, per quanto riguarda le sue conseguenze pratiche, il medium è il messaggio. Che in altre parole le conseguenze individuali e sociali di ogni medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, derivano dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da ognuna di tali estensioni o da ogni nuova tecnologia.»
[…]
«In questo contesto, può risultare illuminante l’esempio della luce elettrica: essa è informazione allo stato puro. È un medium, per così dire, senza messaggio, a meno che non lo si impieghi per formulare qualche annuncio verbale o qualche nome. Questo fatto comune a tutti i media, indica che il “contenuto” di un medium è sempre un altro medium.
Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del telegrafo.
Alla domanda: “Qual è il contenuto del discorso?” si deve rispondere: “È un processo mentale, in se stesso non verbale”.
Un quadro astratto è una manifestazione diretta di processi mentali creativi quali potrebbero apparire nei diagrammi dei cervelli elettronici. Ma ciò che stiamo esaminando sono le conseguenze psichiche e sociali dei diagrammi o degli schemi, nella misura in cui amplificano o accelerano processi già esistenti.
Perché il “messaggio” di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani.»
[…]
«Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti.
Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata o dare in monopolio a una società l’atmosfera terrestre»
[…]
Marshall McLuhan
“Understanding Media: the extensions of man” (1964)
∼
«Herbert Krugman ha compiuto degli studi sulle onde celebrali, paragonando la reazione di soggetti alla stampa e alla televisione.
Una donna leggeva un libro davanti a un televisore acceso. Non appena alzava gli occhi, le sue onde celebrali rallentavano in modo significativo. In meno di due minuti era in uno stato prevalentemente alfa – rilassato, passivo, privo di attenzione.
La risposta delle sue onde celebrali a tre diversi tipi di programmi TV era fondamentalmente la stessa, anche se per sua affermazione, un programma le piaceva, uno non le piaceva e il terzo l’annoiava.
A seguito di una serie di esperimenti di questo genere, Krugman suppose che questo predominante stato alfa fosse caratteristico di come gli individui reagiscono alla TV, qualsiasi programma questa trasmetta. Egli ha, inoltre, recentemente notato *“la capacità dei singoli individui di mostrare un’elevata risposta da parte dell’emisfero celebrale destro a logos familiari, o a storie prima che vi sia stato aggiunto un contenuto di idee, o una predominante risposta dell’emisfero destro alla TV e, forse, anche ciò che chiamiamo pubblicità stampata.
Tutto ciò suggerisce il fatto che in contrasto con l’insegnamento, l’unico potere dei mezzi elettronici è quello di formare il contenuto dell’immaginario collettivo e così, in particolare, determinare il comportamento e le opinioni”.»
Eric McLuhan
“Laws of media. The new Science” (1988)
[*Tratto dalla relazione di Herbert E. Krugman alla conferenza annuale dell’American Association for Public Opinion Research (1970)]
L’OMOLOGAZIONE UMANA AI MODELLI DI COMPORTAMENTO IMPOSTI DAI GRUPPI DI POTERE ECONOMICI-FINANZIARI
ATTRAVERSO I LORO MEZZI DI COMUNICAZIONE E DI INFORMAZIONE DI MASSA (giornali, radio, TV, internet),
PER SOSTITUIRE I MODELLI SOCIALI DELLE CULTURE POPOLARI PARTICOLARI DELLA CIVILTÀ UMANISTICA
CON UN’UNICO MODELLO INUMANO ASOCIALE NELLA INCIVILTÀ TECNOLOGICA
(IL GENOCIDIO CULTURALE)
«L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo».
Pier Paolo Pasolini
“Vie Nuove” n. 36, 6 settembre 1962.
«Perché, mi ha chiesto allora, incuriosito e scettico, il giornalista, che cosa c’è che non va nella televisione così com’è attualmente?
Gli ho risposto, più o meno: il rapporto della televisione con i suoi spettatori è esattamente quello che non dovrebbe essere.
Esso è:
a) Tipicamente autoritario: infatti tra video e spettatore non c’è possibilità di dialogo. Il video è una cattedra, e parlando dal video si parla, necessariamente, ex cathedra. Non c’è niente da fare, il video consacra, dà autorità, ufficialità. Anche i personaggi comici, umili, stanno lì con l’aria di aver ricevuto una benevola manata sulla spalla da chi è più potente di loro: anzi, da chi è Potente per eccellenza. Insomma il video rappresenta l’opinione e la volontà di un’unica fonte d’informazione che è quella appunto, genericamente, del Potere. E tiene così in soggezione l’ascoltatore.
b) È un medium di massa: essa infatti, quale fonte di informazione centralistica, è manipolata per ragioni extra-culturali, e la sua diffusione deve tener anticipatamente conto del bassissimo livello medio della cultura dei destinatari, a cui si asserve per asservirli.»
Pier Paolo Pasolini
Rubrica “Il caos” in Tempo n. 53, Anno XXX, 28 dicembre 1968.
[…]
Enzo Biagi: «Questa società che lei non ama in fondo le ha dato tutto, le ha dato il successo, una notorietà internazionale…»
Pier Paolo Pasolini: «Il successo non è niente. Il successo non è niente.»
Enzo Biagi: «Che cos’è per lei il successo?»
Pier Paolo Pasolini: «Il successo… è l’altra faccia della persecuzione, non so come dire. E poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo. Può esaltare al primo momento, può dare delle piccole soddisfazioni a certe vanità.
Ma in realtà, dopo appena ottenuto, si capisce che è una cosa brutta per un uomo il successo. Per esempio, il fatto di aver trovato i miei amici qui alla televisione non è bello. Per fortuna noi siamo riusciti ad andare al di là dei microfoni e del video e a ricostituire qualcosa di reale, di sincero. Ma come posizione, la posizione è brutta, è falsa.»
Enzo Biagi: «Perché, cosa ci trova di così anormale?»
Pier Paolo Pasolini: «Perché la televisione è un medium di massa; e il medium di massa non può che mercificarci e alienarci.»
Enzo Biagi: «Noi stiamo discutendo tutti con una grande libertà, senza alcuna inibizione, o no?»
Pier Paolo Pasolini: «No, non è vero.»
Enzo Biagi: «Sì, è vero! Lei non può dire tutto quello che vuole?»
Pier Paolo Pasolini: «No, no, non posso dire tutto quello che voglio…»
Enzo Biagi: «Lo dica!»
Pier Paolo Pasolini: «No, non potrei perché sarei accusato di vilipendio dal Codice fascista italiano; quindi in realtà non posso dire tutto. E poi, a parte questo, oggettivamente di fronte all’ingenuità, o alla sprovvedutezza di certi ascoltatori, io stesso non vorrei dire certe cose. Quindi mi auto-censuro. Ma a parte questo, non è tanto questo: è proprio il medium di massa in sé. Nel momento in cui qualcuno ci ascolta dal video ha verso di noi un rapporto, da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente anti-democratico.»
Enzo Biagi: «Ma io penso che sia anche in certi casi un rapporto alla pari; e lo spettatore che è davanti al teleschermo, rivive attraverso le vostre vicende, anche qualcosa di suo. Non è in uno stato di inferiorità. Perché non può essere alla pari?»
Pier Paolo Pasolini: «Sì, teoricamente, sì, questo può essere giusto: alcuni spettatori che culturalmente per privilegio sociale ci sono pari, prendono le nostre parole… ma in genere, proprio il video, le parole che cadono dal video cadono sempre dall’alto, anche le più democratiche anche le più vere anche le più sincere.
[…] No, però vorrei chiarire una cosa che mi sembra importante. Io non parlavo di noi in questo momento alla televisione; parlavo della televisione in sé, come medium di massa, come mezzo della circolazione di massa. Quindi ammettiamo che invece di essere noi qui ci sia anche una persona assolutamente umile, un analfabeta, ecc. ecc., interrogato da un intervistatore. L’insieme della cosa vista dal video acquista sempre un’aria autoritaria; fatalmente, perché viene sempre data come da una cattedra. Il parlare dal video è parlare sempre ex cathedra, anche quando questo è mascherato da democraticità, da ecc. ecc.»
Enzo Biagi: «Ma credo che la stessa cosa possa avvenire anche con il libro e col giornale. Secondo me. Qua ognuno rimane… Lei è stato anni fa, per “Ragazzi di vita”, uno dei primi scrittori italiani chiamati a comparire in tribunale con l’accusa di oscenità ed è stato difeso, se ricordo bene, da Carlo Bo, da un critico cattolico. A distanza di tempo come le pare questo processo: come giudica certi scrittori erotici di oggi e questo dilagare dell’erotismo nel cinema, nelle librerie, nelle edicole?»
Pier Paolo Pasolini: «Ma, per me l’erotismo, nella vita, è una cosa bellissima, e anche nell’arte. È un elemento che ha diritto così di cittadinanza in un’opera come qualsiasi altro. L’importante è che non sia volgare.
Per volgarità non intendo quello che si intende generalmente, ma un’esposizione razzistica nell’osservare l’oggetto dell’eros. Ecco. La donna come compare nei film erotici o nei fumetti erotici è vista razzisticamente come un essere inferiore. Allora in questo caso è vista volgarmente. In questo caso allora l’eros è puramente una cosa commerciale e volgare.»
[…]
Enzo Biagi: «Lei è instancabile: poesie, sceneggiature, saggi, dibattiti, viaggi; sembra quasi un’ossessione.»
Pier Paolo Pasolini: «Se non lavoro sono triste.»
Enzo Biagi: «Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?»
Pier Paolo Pasolini: «Un bravo calciatore: dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri.»
Enzo Biagi: «Ricorda qualche momento di gioia, dei momenti lieti?
Pier Paolo Pasolini: «Un periodo, un giorno o due bellissimi, ma li ho dimenticati. Ecco, ore: una volta che ero partito in macchina per cominciare il Decameron, alla fine dell’estate. Certe notti, in Africa, da solo. Nel Kuwait, aspettavo qualcosa, ero solo…»
Enzo Biagi: «Perché sempre solo?»
Pier Paolo Pasolini: «La solitudine è la cosa che amo di più.»
Enzo Biagi: «Che cosa l’offende di più, che cosa la ferisce?»
Pier Paolo Pasolini: «La superficialità. Dire cose per sentito dire, per convenzione.»
Enzo Biagi: «Quali sono i suoi nemici?»
Pier Paolo Pasolini: «Ma, non lo so, non li conto: sì, sento ogni tanto delle ondate di inimicizia delle volte inesplicabile, ma non ho voglia di occuparmene molto.»
Enzo Biagi: «Chi sono le persone invece che ama di più?
Pier Paolo Pasolini: «Ma le persone che amo di più… lei mi chiede i nomi? oppure il genere, il tipo di persone?
Enzo Biagi: «Dica il tipo, e poi se vuole dica anche dei nomi.»
Pier Paolo Pasolini: «Il tipo di persone che amo di gran lunga di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare; cioè le persone assolutamente semplici, ma non ci metta della retorica in queste mie affermazioni. Non lo dico per retorica: lo dico perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione (ma forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia, che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura. Ma la cultura media è sempre corruttrice.»
[…]
Tratto da:
RAI, “III B: facciamo l’appello” (1971)
~
La trasmissione sarebbe dovuta andare in onda il 27 luglio del 1971, ma fu sospesa dalla RAI (Radiotelevisione italiana) senza motivazione per una vicenda giudiziaria che coinvolse Pier Paolo Pasolini nella sua qualità di direttore responsabile, dal marzo al maggio 1971, del periodico “Lotta Continua” nel quale era stato precisato: “Pasolini non è un militante del gruppo, ma con la sua concreta solidarietà permette al giornale di superare le difficoltà create dalle leggi fasciste sulla stampa“. Nonostante l’avviso e benché fossero molti gli intellettuali che prestavano la propria firma per garantire l’uscita del giornale, il 27 maggio 1971 la Questura di Torino inviò alla Procura della Repubblica un rapporto conclusivo d’indagine dentro il quale figurava il Supplemento al numero 5 del giornale dal titolo Proletari in divisa, dedicato alla democratizzazione delle forze armate in Italia.
Il 18 ottobre 1971, la Corte d’assise di Torino lo processa insieme ad altre quarantuno persone incriminandoli quali imputati per aver «istigato militari a disobbedire alle leggi», per avere “svolto propaganda anti-nazionale e per il sovvertimento degli ordinamenti economici e sociali costituiti dello Stato» e per avere «pubblicamente istigato a commettere delitti». Accogliendo alcune richieste degli avvocati difensori, la Corte d’assise di Torino stabilisce di sospendere e di rinviare il processo a nuovo ruolo. Il processo non avrà fino al 1977 altri sviluppi né esiti.
L’intervista sarà poi trasmessa il 3 novembre 1975, all’indomani del suo assassinio.
Tra le fonti:
A.A.V.V. “Pasolini; cronaca giudiziaria, persecuzione, morte.” a cura di Laura Betti. Aldo Garzanti Editore, 1977.
Andrea Speranzoni, Paolo Bolognesi, “Pasolini. Un omicidio politico”. Castelvecchi editori, Collana Oblò, 2017.
[…]
«Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi.
Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole.
Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati.
L’abiura è compiuta.
Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana.»
[…]
«La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme.
Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare.
È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere.
Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo.
Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre.»
[…]
«Così che in un periodo di emergenza che sembra però destinato a fissarsi e a essere il nostro futuro, la televisione diventerà ancora più potente: e la violenza del suo bombardamento ideologico non avrà più limiti. La forma di vita – sottoculturale, qualunquistica e volgare – descritta e imposta dalla televisione, non avrà più alternative.»
[…]
Pierpaolo Pasolini
Acculturazione e acculturazione
Nel Corriere della Sera del 9 dicembre 1973 col titolo: “Sfida ai dirigenti della televisione”.
«IO CREDO NEL PROGRESSO, NON CREDO NELLO SVILUPPO;
E NELLA FATTISPECIE IN QUESTO SVILUPPO.»
Pier Paolo Pasolini
RAI, “Controcampo” 19 ottobre 1974
«Prima di tutto io sono di natura molto allegra molto gaia.
Divento serio in certe occasioni, come questa, semi-ufficiale che mi imbarazza un po’.
Poi non è affatto vero che io non credo nel progresso…
Io credo nel progresso, non credo nello sviluppo; e nella fattispecie in questo sviluppo.
Ed è questo sviluppo semmai che dà alla mia natura gaia una svolta tremendamente triste e quasi tragica.
Appunto perché non sono un sociologo, o un professore, ma faccio un mestiere molto strano, che è quello dello scrittore, sono direttamente interessato a quelli che sono i cambiamenti storici.
Cioè io tutte le sere, tutte le notti, la mia vita consiste nell’avere rapporti diretti immediati con tutta questa gente che io vedo che sta cambiando.
Quindi questo fa parte della mia vita intima della mia vita privata della mia vita quotidiana, è un problema mio.»
[…]
«Vorrei fare una distinzione che spero sia definitivamente netta, e accettata e addirittura codificata, tra sviluppo e progresso.
Tra le due parole c’è una differenza enorme.
E tutte le polemiche che sono nate in seguito ad alcune cose che io ho scritto, in realtà si basano proprio su questo equivoco: cioè confondere lo sviluppo con il progresso.
E invece sono due cose, non soltanto diverse, ma addirittura opposte e, per quel che riguarda nella fattispecie questo concreto momento storico, addirittura inconciliabili.
Infatti questo sviluppo – non parlo dello sviluppo in generale, ma questo storico sviluppo – chi è che lo vuole?
Lo vuole la destra economica; non parlo nemmeno della destra ideologica o del fascismo… no, parlo proprio della destra economica.
Ed è a questo punto che io uso il Potere con la p maiuscola, in un modo forse un po’ estetizzante e vagamente mistico, perché effettivamente è difficile definire quale sia oggi il potere reale.
Anziché chiamarlo Potere con la p maiuscola chiamiamolo pure “i nuovi padroni”.
È chiaro però che questi nuovi padroni non corrispondono più perfettamente a quelli che noi siamo stati abituati a considerare padroni, da molti anni a questa parte, o per lo meno che io consideravo padroni quando ero ragazzo, poi quando ero giovane, poi quando ero nella piena maturità.
Sono cambiati questi padroni e questi nuovi padroni vogliono lo sviluppo.
Lo sviluppo, almeno qui in Italia, questo sviluppo, vuole la creazione la produzione intensa disperata ansiosa smaniosa di beni superflui.
Mentre in realtà, coloro che vogliono il progresso, vorrebbero invece la creazione, la produzione di beni necessari.»
Pier Paolo Pasolini
Tratto da:
RAI, “Controcampo” 19 ottobre 1974
[…]
«Il consumismo è una forma assolutamente nuova, rivoluzionaria, del capitalismo, io credo, perché ha degli elementi nuovi dentro di sé che lo rivoluzionano: cioè la produzione di beni superflui in scala enorme e quindi la scoperta della funzione edonistica fa sì che questo nuovo assetto sociale, non voglia più avere dei poveri, ma voglia avere dei benestanti che possano consumare; voglia avere dei bravi consumatori, non dei bravi cittadini.
Questo ha trasformato antropologicamente gli italiani.
Perché gli italiani più degli altri?
Perché l’Italia non ha avuto né un’unificazione monarchica, né un’unificazione, diciamo così, luterana riformistica, che è quella che ha preparato la civiltà industriale, né la rivoluzione borghese – che ha unificato, né la prima rivoluzione industriale: non ha avuto nessuna di queste rivoluzioni unificatrici, omologatrici. Quindi per la prima volta l’Italia è unificata dal consumismo.
È una cosa abbastanza terrorizzante, e abbastanza definitiva. E allora, una volta stabilito che il nuovo potere non è altro che il nuovo tipo di economia e che bisogna tener ben presente l’assioma primo e fondamentale dell’economia politica, cioè che chi produce non produce solamente merci ma nel contempo produce rapporti sociali, cioè umanità.
Visto che il modo di produzione è totalmente nuovo, le merci prodotte quindi sono totalmente nuove ed è totalmente nuovo il tipo di umanità che viene prodotto, stabilito questo, bisogna vedere adesso se queste due parole di un rinnovamento totale di riportare l’egemonia a popolazioni che sono state distrutte da questo rinnovamento dell’umanità sia possibile o se non sia possibile».
Dalla trascrizione del dibattito avvenuto al Liceo classico Palmieri di Lecce il 21 ottobre 1975: l’ultimo intervento pubblico in Italia di Pier Paolo Pasolini.
IL GENOCIDIO CULTURALE AVVIATO DAL POTERE CONSUMISTICO,
ORMAI MONDIALE, SI È AMPIAMENTE COMPIUTO:
CON LA CONSEGUENTE E DEFINITIVA ESTINZIONE DELLA SPECIE UMANA (per età anagrafica)
NELLA INCIVILTÀ TECNOLOGICA.
(ED IO CHI SONO? E COME VIVO?)
Gideon Bachmann: «Che dobbiamo fare, intanto?»
Pier Paolo Pasolini: «Che dobbiamo fare… essere coerenti con le proprie idee e cercare di fare quel minimo che ognuno può. Cosa vuol fare…»
Gideon Bachmann: «Insomma… credere?!»
Pier Paolo Pasolini: «E anche non credere… basta che il non credere sia dinamico; molte volte uno che non crede e fa di questo suo non credere una bandiera, porta a qualcosa. Ma la realtà vera è poiché l’uomo, contemporaneamente, non crede e crede.»
Gideon Bachmann: «Ma Pasolini crede o non crede?»
Pier Paolo Pasolini: «Ah, no: credo e non credo. Questa è la risposta.»
Tratto da:
“Pasolini prossimo nostro” (2006)
Regia: Giuseppe Bertolucci
LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA COME DONO, NON COME DOGMA:
QUALE FONTE DEI NOSTRI DIRITTI-DOVERI CIVILI E SOCIALI (POLITICI).
PER MIGLIORARLA, ATTUANDOLA, NEL NOSTRO VIVERE QUOTIDIANO:
INSIEME E INDIVIDUALMENTE.
[…] «Vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai trascorsa.
Cercate di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principî fondanti, e quindi farvela amica e compagna di strada.» […]
Giuseppe Dossetti
Università di Parma, 26 aprile 1995.
in “I valori della Costituzione” (1995)
Edizioni San Lorenzo, Reggio nell’Emilia.
Membro dell’Assemblea costituente e della “Commissione per la Costituzione” detta Commissione dei 75, in base al numero dei componenti che hanno redatto il “progetto di Costituzione” presentato all’Assemblea costituente il 4 marzo 1947 per la discussione in aula.
~
[…] «Il senso profondo di questi articoli nell’armonia complessa della Costituzione, dove tutto ha un suo significato, e dove ogni parte si integra con le altre parti, sta proprio in questo: che finché questi articoli non saranno veri, non sarà vero il resto; finché non sarà garantito a tutti il lavoro, non sarà garantita a tutti la libertà; finché non vi sarà sicurezza sociale, non vi sarà veramente democrazia politica; o noi realizzeremo interamente questa Costituzione, o noi non avremo realizzata la democrazia in Italia.» […]
Lelio Basso
Assemblea Costituente
6 marzo 1947, seduta pomeridiana.
Discussione generale del Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, articolo 4.
Fonte: https://nascitacostituzione.it/01principi/004/index.htm
Membro dell’Assemblea costituente e della “Commissione per la Costituzione” detta Commissione dei 75; autore dell’articolo 49 e autore, con Teresa Mattei, su suggerimento di Palmiro Togliatti, dell’articolo 3.
DA SUDDITI, A CITTADINE E CITTADINI: IN QUANTO COMUNITÀ UMANA,
A CUI APPARTIENE COMUNQUE – INSIEME E INDIVIDUALMENTE –
QUELLA PARTE DI SOVRANITÀ POPOLARE
CHE NON SI PUÒ DELEGARE
MA SOLO VIVERLA COMPLETAMENTE,
PER EVITARE ANCORA DI SUBIRE UNA SUDDITANZA VOLUTAMENTE INDOTTA
«Si è parlato qui delle lapidi: le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti,
ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia
alla libertà,
alla giustizia,
alla Resistenza,
all’antifascismo,
al pacifismo,
è la nostra Costituzione.
Questo non dimentichiamocelo mai.»
«La sovranità popolare non vuol dire democrazia: è una cosa molto più profonda.»
Teresa Mattei
30 gennaio 2006
Ginnasio Liceo statale Michelangiolo.
Firenze
Filmato da Rita Ceriotti
(Archivio VOLAREALTO)
Parte dell’intervento di Teresa Mattei, tra le 21 “madri costituenti”, che consegnò la Costituzione della Repubblica italiana,
approvata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947,
al Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, per firmarla il 27 dicembre 1947;
così da entrare in vigore il 1° gennaio 1948.
(e ogni anno, l’auspicio si rinnova per ricordarci di attuarla)
UNA FALSA PERMISSIVITÀ IN UNA FALSA DEMOCRAZIA (NEANCHE PIÙ FORMALE)
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA VIOLATA:
ILLEGALITÀ COSTITUZIONALE PERMANENTE PLURIMA AGGRAVATA.
MA NOI COSA POSSIAMO FARE?
ATTUARE LA COSTITUZIONE.
Rimini, 24-25-26 febbraio 2012
PRIMO SUMMIT M.M.T. (MODERN MONEY THEORY – MODELLO DELLA MONETA MODERNA)
organizzato e finanziato in autonomia da 2200 persone che hanno partecipato e sostenuto questa scuola di pensiero economico
introdotta in Italia dal giornalista d’inchiesta Paolo Barnard.
«Abbiamo compiuto un passo che non andava fatto: cioè aprire l’accesso alle persone allo strumento di potere che le élites hanno sempre tenuto per sé, l’Economia. L’unica economia che il Potere teme, la Modern Money Theory (il modello della moneta moderna), il Circuitismo, ossia John Maynard Keynes portato ad oggi.»
«LENTIUS PROFUNDIUS SUAVIUS»
PIÙ LENTI PIÙ IN PROFONDITÀ PIÙ DOLCEMENTE
LANGSAMER TIEFER SANFTER
Alex Langer
Parte finale dell’intervento di Alex Langer sul “Tentativo di decalogo per la convivenza“
al convegno giovanile della “Pro civitate Christiana” ad Assisi il 31 dicembre 1994;
contenuto nel DVD allegato al Quaderno di azione nonviolenta n.°19: “La non-violenza per la città aperta”.
Movimento Nonviolento Editore in collaborazione con la “Fondazione Alexander Langer Stiftung”.
…VERSO LA CONVERSIONE ECOLOGICA.
CHE NON È LA “GREEN ECONOMY”
NÉ UN GENERICO E RETORICO SVILUPPO SOSTENIBILE
(GIÀ INSOSTENIBILE PERCHÉ IMPOSTOCI DALL’ALTO, INVECE DI DESIDERARLO, CASO PER CASO, DAL BASSO)
«La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile.»
«Die ökologische Wende wird sich nur dann durchsetzen, wenn sie auch sozial wünschbar erscheint.»
Alex Langer
Tratto dall’intervento ai “Colloqui di Dobbiaco” (8 – 10 settembre 1994) dal titolo “Benessere ecologico e non illusioni di crescita”;
in “Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995”.
˜
«Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine,
o con i discorsi, con gli scritti, con i versi:
la lotta più dura è quella che si svolge
nell’intimo delle coscienze,
nelle suture più delicate dei sentimenti.»
Pier Paolo Pasolini
Vie Nuove n.51 del 28 dicembre 1961
˜
imagine there’s no heaven
it’s easy if you try
no hell below us
above us only sky…
imagine all the people
living for today…
imagine there’s no countries
it isn’t hard to do
nothing to kill or die for
and no religion too
imagine all the people
living life in peace…
you may say I’m a dreamer
but I’m not the only one
i hope someday you’ll join us
and the world will be as one
imagine no possessions
i wonder if you can
no need for greed or hunger a brotherhood of man
imagine all the people
sharing all the world…
you may say I’m a dreamer
but I’m not the only one
i hope someday you’ll join us
and the world will live as one
John Lennon – Yōko Ono
(1971)
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA VIOLATA: ILLEGALITÀ COSTITUZIONALE PERMANENTE PLURIMA AGGRAVATA